Correva l’anno 2016
Due ragazzi francesi, noti su internet come Daemon e Viper, riuscirono a portare online il più celebre e celebrato successo della storia dei server privati di World of Warcraft: Nostalrius. Esso emergeva, forse per la prima volta in modo rilevante, da un foltissimo underground pieno di realtà diverse e frammentate, tutte costantemente sul filo della legalità.
Nostalrius era un bel server: l’obiettivo era quello di ricreare il più possibile l’esperienza originale del gioco così come venne concepito nel 2004, anche se si potrebbe dire che molti altri avevano ed avevano avuto il medesimo obiettivo.
La differenza, però, la fecero la cura, quasi maniacale, che gli autori mettevano dei dettagli tecnici del progetto (script dei boss, modificatori e coefficienti, comportamento delle spells), portato avanti con lo sviluppo di un server apposito, ed anche una loro notevole abilità diplomatica, che portò molte realtà medio piccole a convergere verso il progetto.
Nostalrius diventò grande, nelle risorse, grande nel team di sviluppo, e grande soprattutto nell’utenza, con più di un milione di account registrati in cui c’erano diverse centinaia di migliaia di utenti abitualmente attivi.
Per la Blizzard, abituata a chiudere un occhio suii server privati a patto che fossero piccoli e semisconosciuti, il caso Nostalrius diventò rapidamente intollerabile.
Come per tutte le grandi corporation, i primi a muoversi furono gli avvocati: Daemon e Viper vennero diffidati dal proseguire.
Senza scelta, rinunciarono al loro progetto, ma non prima di aver organizzato un gigantesco evento di chiusura online, che ebbe un’eco enorme nella stampa di settore.
La Blizzard venne più volte interrogata sul caso e più volte si mostrò fortemente contraria ad un World of Warcraft “ufficialmente” originale, i loro forum si riempirono di proteste, trascinandosi per diverse settimane.
Poi, infine, come sempre accade, tutto si calmò, e la faccenda sembrò dimenticata.